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Antibiotico-resistenza, consumo eccessivo in Italia e 11mila morti l’anno. Un test aiuta

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Antibiotico-resistenza, consumo eccessivo in Italia e 11mila morti l’anno. Un test aiuta

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ROMA – L’antibioticoresistenza è ormai un’emergenza globale: l’eccessivo uso di questi farmaci sta infatti determinando il proliferare di batteri ‘resistenti’ con gravissimi rischi per la salute umana, e in Italia la resistenza antimicrobica (AMR) rimane tra le più alte in Europa causando circa 11.000 morti l’anno. Sono dunque urgenti azioni immediate. Il monito arriva da medici ed esperti riuniti nella rete multidisciplinare europea ENASPOC (European Network for Antibiotic Stewardship at the Point of Care), che sottolineano come un aiuto concreto sia oggi rappresentato dai test diagnostici mirati che permettono di evitare prescrizioni inutili.

I test diagnostici utili per contrastare l’antibioticoresistenza

Gli antibiotici sono farmaci essenziali per curare le infezioni di tipo batterico, ma non sono efficaci contro i virus. Il loro uso inappropriato facilita lo sviluppo di batteri resistenti e ne riduce l’efficacia. Ogni giorno in Europa 100 persone muoiono a causa dell’antibioticoresistenza, che ha anche un forte impatto economico: costa ai sistemi sanitari europei 1,1 miliardi di euro l’anno.

Una misura per invertire tale trend, spiegano gli esperti, è rappresentata appunto dall’utilizzo dei test diagnostici rapidi per la determinazione quantitativa della proteina C-reattiva (Pcr) nel sangue, che aiutano a distinguere le infezioni batteriche da quelle virali e ad orientare dunque ad una prescrizione corretta. L’uso di tali test è stato oggetto della Consensus Conference ENASPOC, tenutasi di recente a Bruxelles, che ha riunito clinici specializzati in malattie infettive e antibiotico-resistenza e stakeholder della sanità pubblica provenienti da tutta Europa.

Nel nostro Paese, sottolinea Ivan Gentile, direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e Tropicali dell’Università di Napoli Federico II e membro ENASPOC, in occasione di un convegno sul tema a Milano, “la maggior parte degli antibiotici viene utilizzata a livello territoriale, dove sono assenti strumenti di precisione diagnostica, con un gradiente di utilizzo che aumenta da Nord a Sud, collocandoci al quinto posto tra i Paesi ad alto reddito più a rischio e con un consumo altissimo degli antibiotici ad ampio spettro, gravati da un maggior impatto sulle resistenze. Uno degli interventi di più immediata attuazione, semplici ed economici che possiamo mettere in atto è proprio l’utilizzo a livello di cure primarie di test Pcr rapidi in grado di orientare subito una più appropriata prescrizione”.

Rischi per la popolazione pediatrica

Il rischio che riguarda anche la popolazione pediatrica. In Italia, circa 4 bambini su 10 ricevono almeno una prescrizione di antibiotici l’anno. Il ricorso eccessivo a tali farmaci “è prevalente tra i bambini piccoli, soprattutto dai 2 ai 6 anni, anche se può portare a conseguenze negative per la salute, riducendo la diversità del microbioma – spiega Annamaria Staiano, presidente della Società Italiana di Pediatria (Sip) e membro ENASPOC -. È fondamentale, quindi, sensibilizzare le famiglie ed i medici a un uso più appropriato. Questo significa che i genitori dovrebbero evitare di ricorrere automaticamente agli antibiotici non appena il bambino manifesti un’alterazione febbrile e i pediatri dovrebbero utilizzare dispositivi di rilevazione della Pcr, che possano supportare la corretta prescrizione antibiotica, riducendola fino al 44%”.

I test rapidi, rileva da parte sua il segretario della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (Fimmg) Silvestro Scotti, “possono aiutare i medici ad arrivare a una diagnosi accurata e ad un’azione più rapida contro le malattie infettive che non possono essere identificate solo dai sintomi”. Oggi in Italia sono previsti 8 milioni di euro già stanziati per fare fronte all’AMR e 255 milioni non ancora spesi per la diagnostica su obiettivi precisi come la lotta all’antibioticoresistenza. Tali fondi, conclude Scotti, “potrebbero essere destinati ad un progetto pilota in regioni selezionate per attuare queste azioni concrete”.

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