Inferno in cella: “56 suicidi del 2024. In Calabria la ’ndrangheta controlla i detenuti”

«Nella nostra regione il 115% di sovraffollamento ma in altre regioni si arriva al doppio rispetto alla capienza». Lo Stato chiede un patto di responsabilità ma poi «infligge pene non scritte»

COSENZA – Si entra in carcere per scontare una pena ma un detenuto non immagina di dover scontare anche altre «pene non scritte», non previste: sovraffollamento, scarsa carenza sanitaria e psicologica, strutture fatiscenti, condizioni igieniche precarie.
Si contano 56 suicidi, nel 2024, nelle carceri italiane (l’ultimo lunedì mattina a Venezia, un uomo di 37 anni), senza contare i casi di due detenuti che sono morti rifiutando di alimentarsi. A questo dato si aggiungono sei agenti della polizia penitenziaria, suicidi anche loro dall’inizio dell’anno. Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa penitenziari, calabrese doc, parla di «pena di morte di fatto» o, anche, di «morte per pena».  

«Situazione di assoluta illegalità nelle carceri»

«Siamo in una situazione di assoluta illegalità nelle carceri – dice il segretario generale Uilpa –, illegalità diffusa, non dovuta solo al sovraffollamento, che è una delle cause dell’illegalità, perché l’incidenza dei suicidi dimostra che c’è più di qualcosa che non va. Siamo a un livello di casi senza precedenti. Abbiamo registrato anche quattro morti in 24 ore». E questo depauperamento del sistema penitenziario non nasce oggi ma si trascina, governo dopo governo «da almeno 25 anni».

«Detenuti abbandonati a se stessi»

I detenuti si impiccano, inalano il gas dei fornelli, si tolgono la vita infilando la testa in buste di plastica. Nella maggior parte dei casi sono giovani, alcuni hanno pene brevi da scontare. «Sono fondamentalmente abbandonati a se stessi – dice De Fazio – come abbandonato a se stesso è il personale, non hanno garantiti i diritti minimi, l’assistenza sanitaria è molto scarsa, in alcuni casi non esiste l’assistenza psichiatrica e psicologica, abbiamo un elevatissimo numero di detenuti con problemi psichici che sono abbandonati e passano da un carcere all’altro perché spesso, non essendo gestibili, creano disordini e ogni carcere cerca di mandarli altrove. Tutto questo induce in uno stato di sconforto che porta poi al gesto estremo».

La Calabria nel panorama nazionale

Per quanto riguarda la situazione calabrese rispetto al panorama nazionale, secondo De Fazio «non è migliore, sarebbe una parola grossa, ma è meno peggio perché c’è un indice di sovraffollamento inferiore rispetto alla media. Siamo intorno al 115% di sovraffollamento rispetto a una media del 130% e in alcune carceri ci sono più del doppio dei detenuti. In Calabria ci sono un po’ meno detenuti problematici rispetto ad altre realtà.  Purtroppo c’è da registrare anche un altro aspetto: il controllo della criminalità organizzata. I detenuti devono rispondere della propria condotta anche a soggetti di un certo spessore criminale. 

E poi comandano anche da fuori, nel senso che può arrivare anche da fuori l’ordine allo scagnozzo di dare una lezione a qualcuno». Questo però non ha impedito tre suicidi in Calabria dall’inizio dell’anno: a Rossano a gennaio, poi a Vibo e l’ultimo è avvenuto a Paola il primo luglio, un ragazzo di Salerno di 21 anni si è impiccato nella doccia della cella. Avrebbe scontato la pena nel 2027.

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