Archivio Storico News
‘Ndrangheta, supermercati e appalti: 38 arresti nel cosentino, c’è anche il sindaco. Bloccato scontro armato tra famiglie
COSENZA – Le lunghe mani del ‘Re del pesce’ sull’economia del Tirreno.
Dopo tre anni di indagini dalle prime ore di stamane nelle province di Cosenza, Bari, Matera, Terni e Salerno 500 Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catanzaro nei confronti di 38 indagati per associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione per delinquere di tipo mafioso, sequestro di persona, detenzione e porto di armi comuni e da guerra, estorsione, rapina, corruzione, turbativa d’asta, turbata libertà del procedimento amministrativo, concussione, falso, istigazione alla corruzione e minaccia, tutti aggravati dal metodo mafioso. Ventuno i denunciati in stato di libertà per i medesimi reati. L’ Operazione Plinius scaturisce dall’attività d’indagine avviata nel luglio 2010 sotto la direzione del Procuratore Aggiunto, dott. Borrelli, e del Sostituto Procuratore, dott. Luberto, della Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro. Il provvedimento custodiale è stato emesso dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Catanzaro, dott.ssa Gabriella Reillo. Le investigazioni hanno consentito di acclarare l’esistenza di un’associazione per delinquere di ‘ndranghetistico denominata “Valente-Stummo” operante, nel territorio del comune di Scalea e comuni viciniori, subordinata al Locale di Cetraro facente capo alla famiglia Muto, che, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della conseguente condizione di assoggettamento e di omertà della generalità dei cittadini, è finalizzata al controllo ed allo sfruttamento delle risorse economiche della zona, al compimento di delitti contro il patrimonio e contro la persona attraverso la sistematica disponibilità di armi comuni e da guerra. Associazione che, per il tramite della carica intimidazione di cui dispone, è riuscita, attraverso il procacciamento di voti, ad orientare le ultime elezioni amministrative, tenutesi nel marzo del 2010 presso il Comune di Scalea (CS), in favore di propri candidati che, una volta eletti, si sono prodigati per l’assegnazione di concessioni e appalti ad imprese rientranti nella sfera di influenza della consorteria. Tra i destinatari delle misure cautelari figurano il Sindaco, alcuni assessori, funzionari e tecnici dell’amministrazione comunale di Scalea. Contestualmente, con il concorso del R.O.S. Carabinieri, è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni mobili e immobili nei confronti dei vertici della cosca, di alcuni amministratori locali, imprenditori e professionisti per un valore stimato di 60 milioni di euro. I beni sequestrati sono concentrati principalmente nel versante tirrenico della provincia di Cosenza ma con significativi investimenti anche nelle regioni Umbria e Basilicata. L’indagine, in particolare, ha consentito di delineare l’asse economico-imprenditoriale dell’organizzazione criminale costituito con conferimenti di “sospetta provenienza” nei seguenti settori: commerciale, attraverso l’apertura di diversi supermercati, concessionarie di auto, agenzie di viaggi, parchi divertimento, attività commerciali e negozi di abbigliamento; immobiliare, con realizzazione di società finalizzate all’acquisizione di fabbricati, appartamenti e magazzini, anche attraverso aste fallimentari “pilotate”; agricolo, attraverso la costituzione di cooperative e società agricole, che (non depositando bilanci e non avendo assunto lavoratori dipendenti) hanno acquistato terreni per 50 ettari senza dichiarare tali possidenze al fisco; turistico, attraverso la gestione dei lidi balneari, come “L’angelica”, “Aqua Mar” ed “Itaca”, realizzati su terreni di proprietà del Demanio dello Stato del comune di Scalea. Complessivamente, è stato disposto il sequestro preventivo dei seguenti beni: 22 tra società ed aziende; 81 immobili, dislocati anche a Matera, Perugia, e Rocca di Cave (RM), depositi, ville ed abitazioni, numerosi negozi e circa 50 ettari di terreno; 33 autoveicoli, tra cui Jaguar, BMW, Mercedes ed auto d’epoca; 78 rapporti bancari, con saldi positivi per circa 2.695.685 euro; 2 imbarcazioni; numerose polizze assicurative. Nei confronti degli indagati per il reato di corruzione è stato applicato l’art. 2 c. 80 della Legge 190/2012, che ha recentemente inserito la richiamata fattispecie fra quelle per cui è consentita l’applicazione della particolare ipotesi di confisca. Si tratta di una delle prime applicazioni di misura ablativa nei confronti di indagati per reati contro la Pubblica Amministrazione.
“Ci interessa poco se siano stati aiutati per i voti alle elezioni: qui rileviamo una profonda compenetrazione tra il sindaco e gli assessori con la ‘drina locale di Scalea”. Lo ha detto Vincenzo Antonio Lombardo, Procuratore Capo ddella DDA di Catanzaro, intervenendo stamattina alla conferenza stampa che riguarda l’arresto di 38 persone, tra cui il sindaco di Scalea (CS), Pasquale Basile, e 5 dei 6 assessori della sua giunta. “E anche la struttura burocratica del Comune fa degli illeciti di natura amministrativa e legale – ha aggiunto Lombardo – come per esempio abbiamo visto che ci si impegnava per far diminuire, e di molto, il costo di alcune concessioni, a tutto favore degli esponenti della cosca”. “Faccio il pubblico ministero dal 1990 e non mi era mai capitato – ha detto ancora Borrelli – di ascoltare intercettazioni del genere. Di solito, nei momenti topici del narrato abbassano la voce. Ma qui manca ogni consapevolezza dell’antigiuridicita’ di quello che si sta facendo”. Secondo Borrelli, quindi, “Non e’ una collusione, ma c’e’ una citta’ che e’ stata amministrata direttamente dalla ‘ndrangheta”. Lo scenasrio, nel centro tirrenico, non sarebbe nuovo. “Numerosi elementi, che svilupperemo in futuro, lasciano ritenere che anche in altri tempi la situazione sia stata la stessa – ha detto ancora Borrelli – e abbiamo ampio matereriale per studiare a fondo la storia di Scalea”. Ci sono infatti un noto avvocato, diversi tecnici comunali ed il comandante dei vigili urbani fra le persone arrestate stamane nell’ambito dell’operazione Plinius. Fra gli arrestati, con il sindaco e cinque assessori, l’avvocato Mario Nocito, 63 anni; il comandante dei vigili urbani Giovanni Oliva, 51 anni; un geometra ed un architetto del Comune: Giuseppe Biondi, 44 anni, e Vincenzo Bloise, 41 anni, dipendenti dell’ufficio tecnico comunale di Scalea. Tecnici comunali sono anche Pierpaolo Barbarello, 52 anni, architetto ed Antonino Amato, 59 anni geometra. A carico degli arrestati, a vario titolo, l’accusa di aver manovrato al fine di far ottenere appalti alle imprese vicine al clan Valente-Stummo. Gli indagati, in base alle loro funzioni, erano, secondo i capi d’accusa, “a disposizione del sodalizio criominale” ed avrebbero agito “per agevolare gli interessi del boss Pietro Valente”. L’avvocato Nocito, in particolare, sarebbe stato l’anello di congiunzione fra il clan e l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Pasquale Basile. Nello studio del legale, sempre secondo l’accusa, si svolgevano riunioni finalizzate a pilotare gli appalti secondo le indicazioni del boss Valente e Stummo. Il sindaco pasquale Basile, in particolare, sarebbe stato, secondo quanto emerge dalle indagini, “costantemente impegnato” a raggiungere un punto d’equilibrio fra le due “famiglie”. Il Sindaco Basile, gli assessori Francesco Galiano, cugino del boss Pietro Valente; Antonio Stummo, figlio del boss Mario Stummo; e Raffale De Rosa, secondo la Dda, ” trascurano completamente l’interesse pubblico perseguendo, esclusivamente, la sintesi fra gli interessi delle fazioni Valente e Stummo che sono in costante contrapposizione”. Questa ipotesi emergerebbe da tutta una serie di appalti turbati dagli ‘ndranghetisti grazie alla collusione con la componente politica ed amministrativa. Molte le intercettazioni raccolte dagli inquirenti, che parlano di “contesto captativo chiarissimo che iniziava il giorno prima delle consultazioni amministrative del marzo del 2010”. La Cgil Calabria e la Camera del Lavoro Territoriale Pollino Sibaritide Tirreno in riferimento all’operazione parlano, in una nota, di “sistema criminale che ha pervaso il complesso economico produttivo del territorio” esprimendo “pieno sostegno all’operato della magistratura e alle forze dell’ordine” e “forte preoccupazione per l’acutizzarsi della pervasivita’ della ‘ndrangheta nel tessuto istituzionale dell’intero territorio provinciale”. Oramai, secondo la Cgil, “non siamo piu’ di fronte a casi isolati, ma nell’intero territorio vi e’ una forte emergenza legalita’, e’ in atto un vero e proprio attacco delle organizzazioni criminali teso a controllare non solo l’intero comparto della pubblica amministrazione, ma, soprattutto di quello economico in ogni settore, cosi’ come emerge dai provvedimenti restrittivi che in taluni casi rivelano connivenze e consorterie. Nel caso specifico , l’operazione – si fa rilevare – oltre ad individuare precise responsabilita’ e condizionamenti degli amministratori, ha smantellato una rete economica-imprenditoriale tesa a controllare i settori del commercio, dell’edilizia, del turismo e del comparto agricolo che di fatto impediva al territorio una normale e democratica attivita’ economica e del mercato del lavoro”. La Cgil, “stante la gravita’ estrema in cui si e’ venuta a trovare l’amministrazione comunale di Scalea, uno dei centri piu’ importanti del Tirreno cosentino,in attesa che si faccia piena luce sull’intera vicenda, chiede al Governo ed alla Prefettura di Cosenza di avviare ogni azione prevista dall’ordinamento giuridico per la messa in sicurezza dell’Ente Comunale, per la sua gestione straordinaria a tutela dei cittadini e dei lavoratori e per il ripristino della legalita’”.
I Carabinieri hanno probabilmente impedito uno scontro armato fra opposti clan della ‘ndrangheta a Scalea con l’esecuzione delle 38 ordinanze di custodia cautelare dell’operazione “Plinius”. I clan Valente e Stummo, infatti, secondo quanto emerge dalle indagini, avevano raggiunto una tregua molto precaria intorno agli affari da spartirsi nel territorio della cittadina tirrenica. Ad interrompere il patto tra i boss Pietro Valente e Mario Stummo sarebbe stato il ritorno in liberta’ di Luigi Muto, figlio dello storico boss di Cetraro, Franco. Pietro Valente fu aggredito e percosso, in modo volutamente plateale, dagli uomini di Stummo, il giorno dopo la scarcerazione di Muto, tanto da essere costretto a trovare rifugio a Sala Consilina, in provincia di Salerno, dove avrebbe avuto l’appoggio di un noto narcotrafficante da sempre vicino a Franco Muto. Valente, lungi dall’accettare il ridimensionamento, sarebbe stato in costante contatto con i suoi sodali i quali, a loro volta, secondo quanto emerge dalle indagini, si recavano a Cetraro, quartier generale del clan Muto, evidentemente per essere autorizzati a compiere ritorsioni ai danni degli uomini di Stummo. Sangue e appalti. Ci sono anche diversi episodi di corruzioni fra gli elementi emersi dalle indagini della Dda di Catanzaro. In particolare, secondo quanto emerge dall’inchiesta, il sindaco Pasquale Basile, l’assessore comunale all’ambiente Francesco Galiano, il presidente ed alcuni membri della Commissione giudicatrice, avrebbero accettato la promessa di una somma di danaro pari a 500.0000 euro (di cui avrebbero materialmente percepito un acconto) al fine di pilotare l’appalto per l’affidamento dei Servizi di igiene ambientale e manutenzione straordinaria ad una associazione temporanea di imprese. Sindaco, Assessore, Presidente e membri della commissione giudicatrice avrebbero rivelato agli interessati circostanze che potevano essere d’ostacolo all’aggiudicazione della gara. In particolare, avrebbero comunicato i termini di una contestazione da parte di una ditta concorrente circa la partecipazione alla gara dell’Ati interessata, adducendo la mancata iscrizione all’albo dei gestori ambientali della capofila. In questo modo avrebbero consentito all’Ati di produrre le sue controdeduzioni, accogliendole in violazione della normativa che prescriveva il possesso dell’iscrizione all’albo del gestori ambientali da parte della capogruppo e di tutte le altre imprese riunite nell’associazione. A questo proposito gli inquirenti contestano agli indagati l’aggravante di avere agito con la finalita’ di agevolare il clan Valente – Stummo cui doveva confluire parte del prezzo della corruzione. La ‘ndrina di Scalea, infatti, secondo gli inquirenti, controlla il ciclo di smaltimento dei rifiuti dal 2007. A testimoniarlo sarebbe la vicenda di un imprenditore della provincia di Salerno, che aveva avuto incarico dal Comune di Scalea, di trasportare i rifiuti solidi urbani sino alla discarica di Crotone in conseguenza della chiusura di quella locale. L’imprenditore sarebbe stato avvicinato in piu’ occasioni dai fratelli Franco e Pietro Valente che, spalleggiati da uomini di Cetraro, lo avrebbero minacciato’ affinche’ consegnasse loro 50.000 euro a titolo estorsivo. Valente e gli altri avrebbero detto all’uomo di potergli garantire la concessione dell’intero servizio di smaltimento dei rifiuti dietro la corresponsione di ulteriori somme di danaro. Ma l’uomo non si sarebbe piegato ed inseguito all’ennesima intimidazione, avrebbe deciso di abbandonare Scalea.
Gli arrestati dell’operazione “Plinius”, eseguita oggi dai carabinieri, sono: Pasquale Basile, 53 anni, sindaco di Scalea; Antonino Amato, 59 anni, di Scalea, Giuseppe Biondi, 44 anni, di Scalea; Vincenzo Bloise , 41 anni, di Scalea; Roberto Cesareo, 46 anni, di Cetraro; Maurizio Ciancio, 56 anni, di Scalea; Luigi De Luca, 41 anni, di Scalea; Raffaele De Rosa, 46 anni, di Scalea; Andrea Esposito, 38 anni, di Cetraro; Francesco Galiano, 44 anni, di Scalea; Agostino Iacovo, 35 anni, di Cetraro. E ancora: Francesco Saverio La Greca, 38 anni, di Santa Domenica Talao; Riccardo Montaspro, 41 anni, di Scalea; Mario Nocito, 63 anni, di Scalea; Eugenio Occhiuzzi, 33 anni, di Cetraro; Rodolfo Pancaro, 39 anni, di Scalea; Antonio Pignataro, 50 anni, di Cetraro (gia’ detenuto); Cantigno Servidio, 46 anni, di Scalea; Giuseppe Silvestri, 54 anni, di Scalea; Alvaro Sollazzo, 49 anni, di Scalea; Antonio Stummo, 30 anni, di Scalea; Mario Stummo, 58 anni, di Scalea; Franco Valente, 51 anni, di Scalea (gia’ detenuto); Pietro Valente, 45 anni, di Scalea; Marco Zaccaro, 30 anni, di Scalea; Giuseppe Zito, 60 anni, di Scalea. Ai domiciliari sono finiti Nicola Franco Balsebre, 42 anni, di Montescaglioso (MT); Pierpaolo Barbarello, 52 anni, di Scalea; Luigi Bovienzo, 53 anni, di Scalea; Santino Pasquale Crisciti, 57 anni, di Santa Maria del Cedro; Francesco De Luca, 36 anni, di Scalea; Corrado Lamberti, 81 anni, di Terni; Olgarino Manco, 54 anni, di Scalea; Pino Manco, 48 anni, di Scalea; Giovanni Oliva, 51 anni, di Scalea; Angelo Silvio Polignano, 45 anni, di Putignano (BA); Francesco Paolo Pugliese, 50 anni, Gioia del Colle (BA); Antonio Vaccaro, 59 anni, di Scalea. Infine, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di Giuseppe Forestieri, 40 anni, di Scalea.
Il ministero dell’Interno intanto ha disposto d’urgenza la nomina una commissione d’accesso per il Comune di Scalea dettata dall’arresto del sindaco e di cinque assessori della giunta. Secondo gli inquirenti si tratterbbe non un semplice condizionamento da parte della criminalita’ organizzata, ma di una presenza vera e propria dei clan ai vertici dell’amministrazione comunale di Scalea.



Social