Bimbo trucidato con una forbice: la madre accusata dell’omicidio non riesce ancora a parlare

Daniela Falcone è stata colpita da afonia da disturbo post traumatico e comunica scrivendo su dei foglietti. 

COSENZA – Barricata nella sua Suzuki gialla per quasi quarantotto ore con il figlio cadavere. Daniela Falcone non ha mai riacquistato lucidità da quel nefasto giorno in cui il marito, l’ingegnere Francesco De Santis, le confessò una dura verità. Una realtà di cui forse la donna, moglie devota, nota a Rovito per la propria attività di catechista non aveva alcun sospetto. Suo marito da tempo aveva una relazione extraconiugale e l’amante incinta aveva deciso di tenere con sé il bimbo che aspettava da lui. La discussione mandò in tilt la Falcone che il giorno successivo andò a prendere a scuola il figlio undicenne Carmine De Santis e dopo aver raggiunto la Crocetta lo uccise con una forbice da cucina. Immobilizzato dalla cintura di sicurezza il ragazzino non ebbe scampo. Il feroce raptus omicida della casalinga quarantatreenne non gli diede alcuna tregua. I ricordi di Daniela Falcone sono fermi al primo marzo 2014 quando dopo aver trucidato il ragazzino provò, invano, ad uccidersi con quelle stesse forbici. Dopo aver tentato nuovamente il suicidio nel penitenziario di Castrovillari è ora ospite della clinica psichiatrica ‘La Chimera’ di Reggio Calabria affetta da amnesia dissociativa. Soffre di allucinazioni e spesso afferma, scrivendo su dei foglietti, di avere il figlio al suo canto. Ha rimosso tutto e non riesce più a vocalizzare le parole a causa di un’afonia da disturbo post traumatico da cui è stata colpita a seguito della drammatica vicenda. Inizialmente le sue condizioni avevano fatto decretare agli inquirenti l’incapacità di stare in giudizio. Le nuove perizie hanno invece reputato la donna capace di sostenere il processo che si sta celebrando presso il Tribunale di Paola. La prossima udienza a suo carico è stata fissata per il 27 maggio.