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Nascosti tra i cespugli tentano di uccidere una presunta ‘nuova leva’ del clan degli ‘Zingari’, cinque indagati
Due i collaboratori di giustizia ritenuti responsabili dell’agguato consumatosi a colpi di arma da fuoco in provincia di Cosenza. A sfuggire all’attentato anche un diciannovenne.
CASSANO ALLO JONIO (CS) – Strascichi di una guerra tra clan cui contorni non sono stati ancora definiti. In questo contesto potrebbe essere maturato l’attentato ai danni di Marcello Pepe, nella cruenta lotta per il predominio sulla sibaritide iniziata nel 1979 con l’omicidio di Giuseppe Spina. Un conflitto che per anni ha seminato sangue e terrore, tra lupare bianche, torture ed uomini dati in pasto ai maiali. Una lunga scia di morte durata sino al 2002 con l’uccisione di Vincenzo Fabbricatore e poi ancora, dal 2007 al 2014, con la raccapricciante esecuzione di Giuseppe Iannicelli dato alle fiamme insieme al nipotino di tre anni Cocò Campolongo e alla compagna marocchina Ibtissam Touss. Nella breve tregua tra la cosca degli ‘Zingari’ Abbruzzese – Pepe e gli ‘Italiani’ nel novembre 2005 colpi di arma da fuoco vengono sparati all’indirizzo di Marcello Pepe. I responsabili dell’agguato secondo gli inquirenti sono cinque: Antonio Forastefano collaboratore di giustizia classe 1971, Vincenzo Forastefano quarantaquattrenne attualmente detenuto in regime di 41 bis, Andrea Martucci nato a Cassano allo Jonio nel 1978, Domenico Falbo collaboratore di giustizia trentaseienne e Giuseppe Garofalo trentanovenne anch’egli di Cassano allo Jonio.
La Proceura della Repubblica di Catanzaro lo scorso dicembre nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ha ipotizzato la dinamica con la quale si sarebbe consumato il tentato omicidio. Il mandante, per gli inquirenti, sarebbe stato Antonio Forastefano. L’azione sarebbe scattata “dopo che Andrea Martucci, Domenico Falbo e Giuseppe Garofalo avevano studiato le abitudini della vittima – si legge nel dispositivo – appostandosi nelle vicinanze del cancello posto al confine tra una strada interpoderale di accesso agli Scavi di Sibari e alla statale 106. Garofalo fungeva da specchietto. Vincenzo Forastefano e Martucci invece con fucili automatici da caccia calibro 12, seduti su una Fiat Uno nascosti tra la vegetazione, una volta avvistata la Pajero con a bordo Marcello Pepe e Michele Pepe (all’epoca dei fatti diciannovenne) hanno iniziato ad inseguirli esplodendo contro di loro almeno tre colpi di fucile”. Fortunatamente però nessuno dei colpi ha attinto i due giovani ritenuti dagli attentatori presunti affiliati al clan degli Zingari di Cassano allo Jonio.
“Un primo colpo – è scritto nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari – finiva sul parabrezza nella parte bassa sinistra in direzione di Marcello Pepe, conducente del veicolo. Un secondo colpo, sul parafango destro. Un terzo colpo sul montante e sulla guida vetro dello sportello anteriore destro, provocando la rottura del cristallo. I cinque ponevano così in essere atti diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di Marcello Pepe, evento non verificatosi per cause indipendenti dalla loro volontà ”. Pepe infatti si sarebbe salvato continuando la corsa ad altissima velocità immettendosi, sfrecciando, sulla statale 106 dove ha guadagnato la fuga. Gli indagati dovranno ora difendersi dall’accusa di aver commesso il fatto con l’aggravante di aver agito con premeditazione ed una ”meticolosa preparazione dell’azione di fuoco preceduta da appostamenti, ai fini di una puntuale verifica della abitudini della vittima. Di aver approfittato che Marcello Pepe fosse alla guida di un veicolo e quindi impossibilitato a frapporre adeguata difesa. Di aver commesso l’azione di fuoco al fine di agevolare la cosca di ‘ndrangheta Forastefano per consolidarne l’egemonia nella piana di Sibari”.Â




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