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Tursi Prato querela chi lo definisce “scemo che vuole candidarsi a sindaco di Rende”

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Tursi Prato querela chi lo definisce “scemo che vuole candidarsi a sindaco di Rende”

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Ha presentato una querela indirizzata al Procuratore di Cosenza Mario Spagnuolo il ‘professore’ Sergio Tursi Prato. Il giornalista rendese se l’è presa (e non poco) per alcune dichiarazioni nei suoi confronti apparse su Facebook.

 

 

RENDE (CS) – Il querelante è Sergio Tursi Prato, ordinario di storia e filosofia al Liceo Classico ‘Garibaldi’ di Castrovillari, nonchè giornalista pubblicista e direttore responsabile di un’emittente televisiva privata che si è sentito ‘offeso’ dopo aver letto, essendo un ‘aspirante candidato a sindaco di Rende’ alle future Amministrative del 2019 da alcuni post pubblicati su Facebook.

Lo scorso 8 marzo alle ore 13.15 infatti – è scritto nella querela – “a seguito di una lettera aperta pubblicata sulla pagina Facebook del consigliere comunale di Rende del laboratorio civico Domenico Zuccarelli, si inseriva nella discussione tal Gianmaria Ricci…”. Ed è proprio con questa persona al centro della querela di Tursi Prato che sottolinea come questo utente, rivolgendosi alla sua persona avrebbe scritto testualmente: “lo scemo che grida al Marco Lorenzon con la polpetta in bocca vuole candidarsi a sindaco”; ed ancora “mi ricordo questo fannullone quando era alla Regione con Principe che invece di lavorare faceva public relation al telefono dell’ufficio per il Rende Calcio” e ancora “maipiuservidiunprincipedimerda”.

Sergio Tursi Prato evidenzia pertanto il carattere, a suo dire, “altamente diffamatorio del testo, finalizzato a scredita la sua immagine” con contenuti che ledono “l’onore del querelante quale personaggio ‘pubblico’ creando disistima e cercando i distruggere o comunque di menomare una favorevole considerazione già acquisita nel contesto sociale, politico, culturale, scolastico e giornalistico nel quale lo stesso vive”.

Tursi Prato pertanto ha chiesto alla Procura di ‘individuare il diffamatore” e procedere alla sua punizione per le affermazioni “volgari ed insignificanti” al suo indirizzo.

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