REGGIO CALABRIA – E’ scattata questa mattina l’operazione denominata ‘Case popolari’ dei carabinieri. Sono 9 le misure cautelari eseguite di cui, due finite in carcere e sette agli arresti domiciliari, in quanto ritenute responsabili di aver preso parte, con vari ruoli, ad una associazione per delinquere finalizzata all’illecita gestione di immobili di edilizia popolare ed alla commissione di condotte estorsive. Inoltre, il Gip, in accoglimento della richiesta cautelare, ha disposto il sequestro preventivo di 11 appartamenti di edilizia popolare illecitamente assegnati e occupati anche da alcuni degli odierni indagati. Le indagini sono partite dal 2016, e vedono indagate complessivamente, a vario titolo, 37 persone.
Tra gli arrestati il presunto boss della ‘ndrangheta, Carmelo Murina, di 60 anni, ed un suo parente. Ai domiciliari anche l’ex dirigente dell’Aterp reggina, Eugenia Rita Minicò, di 67 anni. I militari hanno anche eseguito 20 perquisizioni nelle abitazioni di altrettanti indagati. Tra le persone coinvolte nell’inchiesta ci sono, ma soltanto come indagati, un dipendente comunale, Antonio Nucera, di 55 anni, ed un vigile urbano, Francesco Romolo, di 58. Al boss della ‘ndrangheta Carmelo Murina l’ordinanza di custodia cautelare è stata notificata in carcere perché é già detenuto per scontare una condanna definitiva per associazione per delinquere di tipo mafioso.
L’attività investigativa ha fatto luce su una situazione di malaffare che aveva come settore preferenziale quello della gestione degli alloggi di edilizia popolare di proprietà del Comune di Reggio Calabria e dell’A.T.E.R.P. (Azienda territoriale edilizia residenziale pubblica), consentendo di accertare come il sodalizio, fosse capeggiato da due pregiudicati reggini, uno dei quali già riconosciuto quale appartenente alla ‘ndrangheta, all’esito di pronunce giurisdizionali definitive.
Le indagini hanno svelato uno spaccato di particolare operatività degli indagati nella gestione ed assegnazione illecita di immobili di edilizia popolare, soprattutto nel quartiere “Santa Caterina” di Reggio Calabria.
Coinvolta una ex dirigente Aterp
L’associazione poteva, anche, contare sull’apporto fornito da alcune figure interne alla Pubblica Amministrazione, tra le quali, spiccava quella di una ex dirigente dell’A.T.E.R.P., all’epoca in servizio presso la sede di Reggio Calabria, a disposizione della consorteria, che si dimostrava in grado di “pilotare” la concessione degli immobili, ideando e suggerendo le modalità migliori per realizzare le finalità illecite dell’associazione.
Tale mercificazione della funzione pubblica garantiva un forte appeal al sodalizio, potendo contare sulla “regolarizzazione” della posizione dell’acquirente, che, dapprima, occupava abusivamente l’immobile e, in un secondo momento, grazie ai rapporti con i pubblici dipendenti, ne diveniva legittimo assegnatario. Attraverso questo sistema i “clienti” potevano così acquistare un’abitazione non commerciabile ad un prezzo certamente più competitivo rispetto a quello di mercato, nondimeno privandone della disponibilità cittadini e famiglie bisognosi.
Il dipendente del Comune che segnalava gli immobili
A disposizione dell’associazione criminale vi era, inoltre, un dipendente del Comune di Reggio Calabria, il quale individuava gli immobili popolari, li segnalava ad uno dei promotori del sodalizio e ne cedeva le chiavi, dietro versamento di denaro, nonché si adoperava nella procedura amministrativa di regolarizzazione, predisponendo anche la falsa documentazione attestante la residenza dei futuri acquirenti ed interloquendo con altri soggetti interni all’amministrazione per incidere illecitamente sul procedimento di assegnazione.
Nel corso del procedimento penale sono emersi elementi indiziari anche nei confronti di un appartenente alla Polizia Municipale del Comune di Reggio Calabria, non destinatario di misura cautelare bensì di perquisizione personale e locale, che, in più di una occasione, dietro il versamento di somma di denaro, avrebbe falsificato documentazione afferente al suo Ufficio, al fine di venire incontro alle richieste di uno dei capi promotori. Inoltre, è stata riscontrata la responsabilità dei promotori del sodalizio anche in relazione al reato di estorsione poiché, con minacce e violenze perpetrate nei confronti di un cittadino, lo avrebbero costretto a liberare un appartamento che aveva occupato abusivamente e che era d’interesse dell’associazione.
Infine, nel corso dell’attività di indagine, sono emersi elementi relativi alla commissione di reati in materia di sostanze stupefacenti, sia del tipo cocaina che marijuana.



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