Italia
Giudice cosentina Castriota si difende: «non erano tangenti, ma un contributo per amore»
PERUGIA – «Non ci sono stati reati, solo comportamenti deontologicamente non corretti. Tra noi c’è vero amore ed è sbagliato dire che stavamo assieme per interesse».
E’ questa la difesa del giudice cosentino Giorgia Castriota, che ha risposto all’accusa di corruzione che l’ha colpita portandola in carcere giovedì scorso dove è stata interrogata dal giudice delle indagini preliminari di Perugia. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Perugia, ha coinvolto oltre a Castriota, gip di Latina, anche altre due persone: il commercialista Silvano Ferraro nominato dalla stessa come coadiutore di alcune società in amministrazione giudiziaria e Silvana Vitto, collaboratrice di Castriota. I primi due sono finiti in carcere con accusa di corruzione, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere utilità.
Secondo quanto riferisce il Corriere della Sera, quello che per la Procura di Perugia, competente per territorio nelle indagini sui colleghi pontini, era un accordo economico in base al quale Ferraro restituiva alla giudice Castriota una (cospicua) parte dei suoi guadagni, secondo i due indagati, finiti in carcere, era una soluzione per far funzionare la loro relazione.
«Le davo una mano perché guadagnavo di più»
«Ho scelto di restare a vivere a Roma (in affitto sulla circonvallazione Trionfale, ndr) per stare vicino a lui — ha spiegato nel suo interrogatorio Giorgia Castriota, assistita dall’avvocato Giuseppe Valentino — tanto che condividevamo la stessa colf». «Era normale che io le dessi una mano con le spese della casa, dato che guadagnavo di più», ha indirettamente confermato Ferraro, affiancato dal suo avvocato Gianluca Tognozzi. Per difendersi dalla ricostruzione fatta dai finanzieri del capoluogo umbro, coordinati dal procuratore Raffaele Cantone, i due – continua Corriere – insistono anche su un altro punto.
Ossia che Ferraro non avrebbe mai fatto regali a Castriota ma che tutti gli oggetti, anche di lusso, ai quali lei fa riferimento spessissimo nelle intercettazioni su cui è fondata l’ordinanza di arresto, sono stati comprati con soldi propri o con il contributo del commercialista motivato come abbiamo visto sopra. Ferraro ha fatto ricorso al Riesame e anche Giorgia Castriota chiede l’annullamento della misura restrittiva (si trova oggi a Rebibbia).
Respinte anche le accuse, formulate dalla procura di Perugia retta dal Raffaele Cantone, di costosi regali effettuati da Ferraro alla giudice cosentina. Stando a quanto riportato dal Corriere quegli oggetti preziosi sarebbero stati acquistati con soldi proprio o con contributi dello stesso commercialista per aiutarla nelle spese sostenute. Il legale di Castriota ha chiesto l’annullamento dell’arresto in carcere e per questo ha fatto ricorso al Riesame così come Ferraro. Mentre Stefania Vitto, finita ai domiciliari, dovrà essere ancora ascoltata dal gip.



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