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Operazione “Stige”, le mani del clan Farao Marincola: dalla produzione del pane all’accoglienza dei migranti

Calabria

Operazione “Stige”, le mani del clan Farao Marincola: dalla produzione del pane all’accoglienza dei migranti

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Le mani del clan Farao Marincola colpito oggi dall’operazione “Stige” ordinata dalla Dda di Catanzaro ed eseguita dai Carabineri erano praticamente ovunque

 

CROTONE – Dalla produzione e distribuzione del pane alla gestione del sistema di accoglienza migranti, fino all’imposizione dei prodotti di aziende legati alla cosca in Germania, dove sono state arrestate 10 persone. Un vero e proprio “racket” esercitato sui rivenditori delle zone del Crotonese dominate dalla cosca, costretti ad acquistare il pane dai produttori indicati dai malavitosi. L’inchiesta coordinata dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, porta le firme del procuratore aggiunto Vincenzo Luberto e dei sostituti Domenico Guarascio, Alessandro Prontera e Fabiana Rapino. Le accuse vanno dall’associazione di tipo mafioso ai reati di tentato omicidio, estorsione, autoriciclaggio, porto e detenzione illegale di armi e munizioni, intestazione fittizia di beni, procurata inosservanza di pena e illecita concorrenza con minaccia aggravata dal metodo mafioso alcune delle accuse formulate a vario titolo a carico dei 169 arrestati.

Gli arresti sono stati eseguiti in Calabria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Lazio, Toscana, Campania e in Germania. Un’operazione complessa, eseguita contestualmente in Italia e Germania, grazie alla collaborazione di Eurojust che ha consentito il coordinamento tra la procura di Catanzaro e le procure di Kassel, Stoccarda, Monaco e Dusseldorf. Il lavoro dei magistrati catanzaresi e degli uomini dell’Arma avrebbe consentito di documentare l’operatività, gli assetti gerarchici interni e le attività’ criminose della “locale” di ‘ndrangheta dei Farao-Marincola di Cirò, posta in posizione di sovra-ordinazione rispetto ad altre realtà criminali.

La cosca aveva infiltrato il tessuto economico e sociale dell’area cirotana mediante un radicale controllo degli apparati imprenditoriali, soprattutto nei settori della produzione e commercio di pane, della vendita del pescato, del vino e dei prodotti alimentari tipici, nonche’ nel settore della raccolta e riciclo sia di materie plastiche sia dei rifiuti. L’indagine e’ riuscita quindi a delineare il quadro complessivo degli interessi illeciti gestiti in ambito nazionale e estero dal sodalizio, verificando la disponibilita’ di ingenti risorse finanziariereimpiegate in numerose iniziative imprenditoriali e commerciali nel Nord-italia e in Germania.

Sequestrate 57 società  per circa 50 milioni di euro

Buona parte delle 57 aziende si trova in Calabria mentre il resto e’ distribuito in varie citta’ del Centro e Nord Italia, tra cui Roma, Bologna e la provincia di Como. I dati sono stati resi noti dal colonnello Lorenzo Sabatino del Servizio centrale dei Ros, il quale ha spiegato che i sequestri hanno riguardato “le imprese mafiose ma anche quei beni sottoponibili a confisca”. Il panorama del controllo economico attuato dalla cosca di ‘ndrangheta e’ assolutamente vario e non lascia alcun settore, compreso il diretto controllo “in via esclusiva” dei porti di Ciro’ Marina e Cariati, come dichiarato dal procuratore aggiunto Vincenzo Luberto. Il magistrato ha sottolineato la “mutazione genetica della ‘ndrangheta”, pronta a inserirsi direttamente e con propri rappresentanti sia nell’azione amministrativa e politica che in quella imprenditoriale.

“Non sono piu’ infiltrazioni nel tessuto imprenditoriale – ha aggiunto Luberto – ma immedesimazione. Sono stati creati veri e propri monopoli o duopoli per il controllo di diversi settori: dalla distribuzione di preparati e prodotti da forno alle scommesse, dai prodotti caseari a quelli dell’olio d’oliva, dagli alimentari e bevande al controllo del pescato. Ma la cosca aveva creato anche una cellula per controllare anche le aste boschive, con il rimboscamento attuato negli anni che veniva depauperato, anche attraverso gli incendi, con il taglio selvaggio degli alberi nell’Altopiano Silano”.

Altri settori condizionati dalla cosca erano quelli relativi alla raccolta e al conferimento dei rifiuti, con il sequestro di tre aziende che si occupano di questo servizio. Il meccanismo utilizzato in questo campo, era quello di cambiare i vertici della societa’ e “pulire” l’azienda nel momento in cui scattavano interdittive antimafia. Nel vortice di affari si inserivano, inoltre, interessi nella vendita, recupero e riciclaggio di cartone e plastica, anche con interessi da parte di imprenditori del Nord Italia. Affari della ‘ndrangheta erano legati anche alla gestione di una casa di accoglienza per immigrati, situata a Ciro’ Marina, con un vorticoso giro di fatture per spese mai effettuate e con interessi nel controllo della stessa struttura. Grazie anche al fenomeno dell’usura, la cosca aveva acquisito il controllo di alcune cantine vitivinicole.

 

Il ruolo dell’anziano boss Giuseppe Farao che operava dal carcere

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