Cosenza
Omicidio Marincolo “U biondo”, Carlo Lamanna non risponde alle domande del Gip
Francesco Marincolo viene ammazzato a cosenza, a luglio del 2004 a 42 anni a bordo di una Fiat 500 su cui viaggiava il cognato di Ruà, Adriano Moretti. L’agguato era per pareggiae i conti con il clan Lanzino per l’omicidio di Bella Bella, Francesco senior Bruni. Il racconto del pentito Dedato
COSENZA – Si chiude la rosa degli interrogatori degli indagati nell’omicidio d'”U biondo” con l’interrogatorio di garanzia di Carlo Lamanna, difeso dagli avvocati Marcello Manna e Paolo Pisani, detenuto in regime di 41bis presso il carcere di Spoleto dal gennaio 2017. L’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere.
L’omicidio Marincolo, soprannominato “U biondo”, avvenuto il 27 luglio del 2004 a Cosenza, a soli 42 anni, porta in carcere quattro persone e ne indaga sei. Finiscono dunque dietro le sbarre Carlo Lamanna, Giovanni Abruzzese, Mario Attanasio e Umile Miceli (difesi dagli avvocati Gianluca Acciardi, Antonio Quintieri, Marcello Manna, Giorgia Greco). Indagati i collaboratori di giustizia Daniele Lamanna fratello di Carlo, e Adolfo Foggetti. Tra gli indagati risulta anche Michele Bruni, oggi deceduto, figlio di Bella Bella. E la morte di Marincolo è da ritenersi legata proprio a quest’ultimo, per vendicare l’omicidio del padre Francesco senior Bruni (Bella – Bella) ucciso il 29 luglio del 1999. Per tutti si legge nell’ordinanza, l’accusa è, “in concorso morale e materiale tra loro, in esecuzione di un unico disegno criminoso, deliberato e cagionato la morte di Francesco Marincolo, affiliato al clan Lanzino;
I PENTITI CHE HANNO PARLATO
I primi collaboratori a riferire dell’omicidio Marincolo sono stati Vincenzo Dedato, Giuliano Serpa e carmine Cristini. Successivamente raccontò fatti inerenti l’omicidio la compagna di Michele Bruni, Edyta Aleksandra Kopaczynska e Adolfo Foggetti, che secondo le dichiarazioni rese hanno permesso agli inquirenti di chiudere il quadro accusatorio nei confronti dei due killer Bruni e Lamanna, già individuati dai precedenti collaboratori. Nel 2016 il sigillo viene posto dai collaboratori di giustizia franco Bruzzese e Daniele Lamanna.
IL RACCONTO DI VINCENZO DEDATO
Il primo a parlare fu Vincenzo Dedato pentitosi il 22 febbraio del 2007. Le sue dichiarazioni hanno svelato decine di gravi fatti delittuosi e omicidiari avvenuti durante le fratture verificatisi tra le vane fazioni indicandone il movente, i mandanti e gli esecutori materiali. In particolare si è soffermato sulla cosca Lanzino e sul “sistema estorsivo posto in essere dal gruppo mafioso in danno ad imprenditori e operatori economici e commerciali operanti nel comune di Cosenza e nella provincia”. Dedato per come si legge nei verbali, ha dichiarato di essere stato legato al gruppo “Sena Pino”, contrapposto alla cosca “Perna — Pranno” nella guerra di mafia cha ha insanguinato Cosenza agli inizi degli anni ’80. Ricevette il “battesimo mafioso” nel 1980 all’interno del carcere di Cosenza, all’epoca Colle Triglio, da Antonio Sena. Nel 1999 svolse un ruolo di primo piano all’interno della cosca facente capo a “Lanzino Ettore” (luogotenente di Ruà Gianfranco), curando gli affari ed in particolare le estorsioni. Dedato era definito il “contabile della cosca” perchè gestiva i proventi e la cassa comune dell’associazione, la cosiddetta “bacinella” ove confluivano tutti i proventi delle attività illecite. Dedato, si legge, “si autoaccusa di una molteplicità di gravi delitti (tra i quali anche omicidi), per cui non erano state raccolte prove nei suoi confronti, si è da subito presentato organico, logico e coerente, intrinsecamente ed estrinsecamente attendibile, atteso anche il ruolo di primissimo piano rivestito nella consorteria di appartenenza.
FU “U TUPINARO” A RACCONTARGLI DELL’OMICIDIO
Dedato dichiara che “al momento della sua scarcerazione avvenuta il 16 gennaio del 2007 il gruppo ruà – Lanzino di cui era stato contabile era guidato da Gianfranco Brunialias “U Tupinaro”. Quest’ultimo era andato a trovarlo a casa alcuni giorni dopo la scarcerazione e lo avrebbe messo al corrente che tutti i vecchi contrasti tra i gruppi criminali di Cosenza erano stati appianati sia con i Bruni “Bella – Bella “ che con gli Zingari. Inoltre non esisteva più la confederazione dei gruppi Ruà – Lanzino – Cicero così come era negli anni 1999 – 2001. “U Tupinaro” gli avrebbe riferito che l’omicidio Marincolo sarebbe stato organizzato e portato a termine personalmente da Michele Bruni per vendicare la morte del padre, Francesco Senior, ucciso il 29 luglio del 1999 su mandato dei maggiorenti dell’allora gruppo confederato Lanzino – Cicero (omicidio per cui Ettore Lanzino e Vincenzo Dedato sono stati riconosciuti responsabili nel 2014 con sentenza della corte d’Assise di Cosenza). L’obiettivo del killer era esclusivamente Marincolo tanto che Michele Bruni avrebbe chiesto di far pervenire le sue scuse a Gianfranco Ruà per il ferimento del cognato Adriano Moretti. Successivamente all’omicidio seguirono varie riunioni, in cui Bruni aveva incontrato i maggiori esponenti del gruppo confederato tra cui Francesco Patitucci, Gianfranco Bruni, Domenico Cicero, trovando con questi un accordo per “pacificarsi”, mettendo da parte i vecchi rancori visto che la morte di Marincolo aveva pareggiato il conto vendicando l’uccisione del padre”.



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