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Fingevano di lavorare per un’azienda ‘fantasma’, 31 persone indagate

Calabria

Fingevano di lavorare per un’azienda ‘fantasma’, 31 persone indagate

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guardia di finanza

I parenti del titolare, moglie compresa, ricevevano assegni familiari, indennità di malattia, maternità e disoccupazione senza aver di fatto mai svolto alcun tipo di attività

 

REGGIO CALABRIA – All’esito di un’articolata indagine di polizia giudiziaria svolta dalla Guardia di finanza di Reggio Calabria per il contrasto degli illeciti in materia di spesa pubblica si è data esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo di beni per un valore di oltre duecentomila euro, emesso dal Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 31 falsi braccianti agricoli e del titolare di una azienda presso la quale gli stessi risultavano, solo
fittiziamente, assunti. Le investigazioni coordinate dal procuratore della Repubblica di Reggio Calabria dott. Giovanni Bombardieri e dal procuratore aggiunto dott. Gerardo Dominijanni e diretta dal Sostituto procuratore dott. Massimo Baraldo, condotte dai militari della Compagnia della Guardia di Finanza di Villa San Giovanni, hanno accertato che l’impresa, avente sede a Scilla pur risultando attiva, di fatto non avesse mai operato.

 

 

Attraverso la presentazione all’Inps della documentazione attestante i simulati rapporti lavorativi, i falsi braccianti agricoli (tra i quali vi erano diversi parenti del titolare stesso, moglie compresa) hanno ottenuto molteplici indebite erogazioni previdenziali, quali indennità di disoccupazione agricola, di malattia, di maternità, nonché i cosiddetti assegni familiari. Nel periodo oggetto d’indagine, intercorrente tra l’anno 2013 e l’anno 2016, sono state accertate 8.764 false giornate di lavoro agricolo, che hanno generato, complessivamente, indebite erogazioni da parte dell’Inpsa pari a 211mila euro. Nei confronti dei falsi braccianti agricoli e dell’imprenditore, indagati per il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato, sono stati posti sotto sequestro 12 veicoli, 13 immobili (tra terreni e fabbricati), conti correnti e depositi bancari intestati agli indagati per un valore pari alle indebite erogazioni percepite.

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