Calabria
Il grido disperato del pentito Mancuso: “io e mia figlia vittime del sistema”
“Anziché garantire serena crescita alla minore le stanno negando la figura paterna favorendo la ‘ndrangheta. Evitiamo una Bibbiano 2″
LIMBADI (VV) – Il collaboratore di Emanuele Mancuso, tramite il suo avvocato di fiducia Antonia Nicolino, scrive alla stampa locale e nazionale quelli che lui definisce abusi di potere da parte dei servizi sociali ai danni della figlia minorenne. “Nell’epoca in cui si sente spesso parlare di tutela dei minori e ruolo fondamentale dei servizi sociali che – si legge nella lettera del pentito – in linea con la giurisprudenza europea e con la Convenzione sui Diritti del Fanciullo, dovrebbero mettere al centro l’interesse del minore, amareggia constatare, sulla propria pelle, che esistono, in Italia, della realtà che solo fittiziamente ed apparentemente garantiscono e tutelano il benessere del minore. Questa premessa è doverosa in quanto, da qui a breve, – annuncia nella missiva Mancuso – provvederò, carte alla mano, a denunciare i soprusi che io e mia figlia, anch’essa sottoposta allo speciale programma di protezione, siamo costretti a subire, da tempo, a causa del suo affidamento ai servizi sociali e alla convivenza con mia ex compagna, Chimirri Nensy Vera, tutt’oggi appartenente alla cosca Mancuso e mai dissociatasi”.
L’urlo disperato di Emanuele Mancuso
“Rimaste inesitate le mie numerose segnalazioni, inoltrate – sottolinea Emanuele Mancuso – anche tramite il mio difensore di fiducia alla autorità competenti, mi resta quale ultima possibilità quella di chiedere aiuto alla stampa affinché il mio grido disperato giunga alle associazioni nazionali che tutelano i minori, affinché mi sostengano per risolvere, definitivamente, le ingiustizie perpetrate nei confronti di mia figlia da un sistema che, seppure legalizzato, nella realtà dei fatti desta molto sospetto considerato il mio status di collaboratore di giustizia, che ha reciso ogni legame con la criminalità organizzata, in contrapposizione alla madre ancora intranea alla ‘ndrangheta. Mia figlia, con decreto definitivo del Tribunale per i Minorenni di Roma, è stata “affidata ai servizi sociali territorialmente competenti in ragione della località protetta e facoltà di incontri con il padre secondo il calendario disposto dai servizi sociali”. Ciò posto, inspiegabilmente, io e mia figlia, su disposizione del servizio sociale, siamo costretti ad effettuare incontri solo una volta a settimana (quando gli sta comodo) della durata di 40/50 minuti con impossibilità concreta di costruire un rapporto affettivo concreto”.
“Mettono in discussione anche la mia paternità”
“Una pagliacciata. E’ paradossale oltre che criminale tutto questo. Lo affermo con cognizione di causa – sottolinea Mancuso con forza – in quanto, io da piccolo, con mio padre detenuto in carcere, per i noti procedimenti Genesy, Dinasty e Batteria effettuavo colloqui settimanali di due ore. Ed ancora. Mentre da un lato le severe normative comunitarie impongono specifici requisiti edilizi ed igienici per la realizzazione di una stalla, gli incontri con mia figlia (una bambina di 4 anni) avvengono in locali fatiscenti le cui carenze igienico-sanitarie sono visibili ad occhio nudo: struttura umida, sporca e carente delle più elementari condizioni ludiche idonee per garantire serenità alla minore e rendere piacevole l’incontro con il genitore. Come se ciò non bastasse, non posso tralasciare le numerose falsità che sono state riportate nelle relazioni dei servizi sociali. Quella più grave in assoluto mette in discussione, addirittura, la mia stessa paternità. In essa si legge, infatti, che “la stessa gravidanza è iniziata quando il padre era detenuto”. Mi amareggia tutto questo e mi affido al buon cuore di chi voglia sostenermi per liberare la mia bambina dalle oppressioni di un servizio sociale che anziché garantire serena crescita alla minore le sta negando la figura paterna – conclude Mancuso – favorendo la ‘ndrangheta. Tuteliamo i diritti dei minori. Evitiamo una Bibbiano 2″.



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